Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Ovunque sei: Per conoscere e ricordare Umberto Bindi  2002   Torna alle categorie

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Il nostro concerto ossia Ovunque sei di Umberto Bindi

Ovunque sei

Per conoscere e ricordare Umberto Bindi

 

Giustamente il teatro Toselli di Cuneo dedicherà, tra pochi giorni, una serata ad Umberto Bindi.

Bindi è certamente oggi il meno noto dei cantautori genovesi (Paoli, Lauzi, Tenco, De Andrè) che tanto hanno modificato, da fine anni ’50, la canzone italiana. Eppure, nell’estate ’59, la sua Arrivederci è prima nella Hit parade, superando Celentano (Il tuo bacio è come un rock), Modugno (Piove), i Platters (Smoke gets in your eyes) e l’anno successivo il successo è ancora maggiore per Il nostro concerto che è prima nelle vendite per dieci settimane (Mina, con Il cielo in una stanza, lo sarà per undici).

Il musicista nasce nel 1932 a Genova, nel quartiere della Foce, dove per una coincidenza, vivranno anche Tenco e Lauzi. La sua formazione musicale passa anche per la lirica, la sinfonica, oltre all’amore per l’operetta e la commedia musicale.

Scrive per riviste e spettacoli locali. In uno, al Lido, recitano accanto alla popolare Marisa Allasio, gli sconosciuti Paolo Villaggio e Rosanna Schiaffino.

Nel 1958 il primo contratto con una casa discografica, la Ariston e l’anno dopo con la Ricordi.

Nel 1959 l’esplosione: don Marino Barreto, voce nera melodiosa, con forte ritmo “tropicale”, incide la sua Arrivederci (il retro del 45 giri è Angelitos negros), che parla di un addio al tempo stesso dolce e struggente: Per una volta ancora è bello fingere. Abbiamo sfidato l’amore quasi per gioco ed ora fingiam di lasciarci soltanto per poco.

E’ il successo. L’introverso cantautore genovese partecipa al festival di Sanremo del ’60 con E’ vero, incide i primo L.P. (i “padelloni” che costavano 3.000 lire, cifra allora quasi impossibile) con Un giorno, un mese, un anno, la pucciniana Luna nuova sul Fujiyama, Non mi dire chi sei, Riviera (testo di Moustaki), la dolcissima Se ci sei, quasi una romanza: Guarda è tornato il sereno. Non poteva mancare perché, se ci sei, la vita sorride. Senti, anche il freddo è passato. Non poteva restare perché, se ci sei, la vita sorride

Il grande successo è però Il nostro concerto: Ovunque sei, se ascolterai, accanto a te, mi rivedrai e troverai un po’ di me, in un concerto dedicato a te, una canzone “sinfonica”, dove grande ruolo hanno l’orchestra e il coro.

Molti suoi brani compaiono in film di successo: La notte brava (Bolognini), Il vedovo (Risi), La ragazza con la valigia (Zurlini), Rocco e i suoi fratelli (Visconti), Urlatori alla sbarra (Fulci), in cui Bindi compare in un piccolo ruolo, di giovane triste e silenzioso. Quasi trent’anni dopo, nel 1988, in Let’s get lost, eccezionale sintesi cinematografica del dramma umano di Chet Baker, è utilizzata la scena finale di Urlatori alla sbarra in cui il trombettista americano canta Arrivederci. 

 

Il declino, la solitudine.

La voce di Bindi è un po’ nasale, il suo fisico è gracile, la timidezza è proverbiale. Tutto il contrario di quanto richiedono il mondo della musica, le riviste patinate in cerca di pettegolezzi, le regole della TV, pur non ancora commerciale e colma di spazzatura come quella di oggi.

Su questo cantautore, poco “personaggio”, scende, improvvisamente, lo “scandalo” dell’omosessualità. E’ l’esclusione dalla TV, l’inizio di un declino e di una emarginazione che contribuiranno a far dimenticare o a non far conoscere una tra le più importanti voci della nostra musica.

Cambia numerose case discografiche. Nel 1965 compone le musiche per Turandot di Carlo Gozzi, con Carla Fracci, Giulio Brogi, Paolo Poli e la giovanissima Ottavia Piccolo.

Scrive capolavori. Il mio mondo, su testo di Gino Paoli, è inciso da Cilla Black ed è successo internazionale, La musica è finita è al festival di Sanremo 1967 e, interpretata da Ornella Vanoni, al primo posto nelle vendite per due settimane.

Gli anni ’70 sono difficili. Solo nel 1972, a undici anni dall’ultimo, Bindi incide un nuovo L.P. dal titolo significativo di Con il passar del tempo. 

E’ Io e la musica a costituire una sorta di autobiografia. Solo la musica dà vita e speranza al cantautore in anni di solitudine: Giorni di favola e poi la luce terminòma c’era lei, la musicagiorni più amari che mai, nessun amico che credesse ancora in meIl vento che correva su Genova soffiava nella mia fisarmonica, cresceva piano la mia musica e dentro al cuore solitudine, com’ero io.

Il motivo autobiografico ritorna nel 1976 con un n uovo L.P. Io e il mare. Scritta con Bruno Lauzi, sempre molto sinfonica, la canzone che dà il titolo all’ L.P. ripercorre il rapporto con il mare, la spiaggia di Genova: Io non torno mai a Trovare lei, lei, la spiaggia della Foce che mi ha fatto amare il mare; là mi innamorainon mi sono mai pentito, ma la vita mi ha cambiato.

Sono ancora grande musica e grandi testi, ma il pubblico è quello, contenuto, dei piano bar, delle navi da crociera, dei concerti in piccoli locali. Nel ’75 riceve, a Sanremo, la Targa Tenco

 

Le donne lo cantano: Il ritorno.

Nel 1985, incide un nuovo L.P., Bindi, con sue vecchie composizioni e la partecipazione di cantanti importanti. Loredana Berté interpreta Il mio mondo, Fiorella Mannoia Un giorno, un mese, un anno, duettano con lui la grande Sonia Braga in Arrivederci e Ornella Vanoni in La musica è finita. Partecipano Antonella dei Matia Bazar, Anna Identici, Celeste.

E’ il segno di un interesse che sta tornando per le sue canzoni e la sua voce. Nel 1991 viene invitato al festival della canzone d’autore di Recanati, nel ’94 è in tournée con Bruno Martino, altra voce “da intenditori”. Nel 1996 il rientro al festival di Sanremo con Letti, di Renato Zero, brano carico di simboli, inciso con forte presenza dell’orchestra e le voci dei New Trolls, ancora in un impasto quasi sinfonico.

E’ un ritorno importante che toglie Bindi dall’anonimato e dalla solitudine in cui era confinato da tempo.

Gli ultimi anni, però, sono difficili. Ai problemi economici si sommano quelli di salute.

E’ Maurizio Costanzo, nella sua trasmissione su Canale 5, a lanciare un appello per lui, malato e privo di mezzi, costretto addirittura a vendere il suo pianoforte.

La morte arriva pochi mesi dopo, alla soglia dei 70 anni, nello scarso interesse di stampa e TV che dedicano poco spazio ad un vecchio cantautore di cui i giovani neppure conoscono il nome.

Se ne va un grande innovatore della canzone italiana, emarginato dai pregiudizi e dal suo carattere schivo. Lo ricordano con affetto i suoi amici:

Bindi? Io lo chiamavo Wagner. Fu il primo ad arrivare a Milano da Genova, fu il primo cantautore fra i cantautori...E’ un pianoforte- uomo, o un uomo pianoforte. E’ tutt’uno con lo strumento, questo è certo (Enzo Jannacci)

Umberto Bindi è il più musicista di tutti noi cantautori degli anni ’60 e oltre (Sergio Endrigo)

E’ lui il primo. Dopo lo scossone dato da Modugno è Umberto Bindi a presentarsi in scena per avvertire che di lì in avanti le cose sarebbero cambiate, che si poteva scrivere musica in un modo nuovo, che la canzone d’autore non sarebbe più stata il prodotto episodico di casi isolati (Carosone, Rascel, Buscaglione, appunto Modugno), ma una tendenza sempre più vasta da allora mai più abbandonata. Si mise in disparte anche prima degli altri. Ma all’inizio di quel Rinascimento, Bindi ebbe un ruolo determinante nell’evoluzione del gusto musicale italianoChi mai fino ad allora era riuscito a cantare la fine di un amore non con addii strazianti e melodrammatici orpelli, bensì con un semplice, pulito, disincantato Arrivederci? (Enrico De Angelis)

Con Reverberi, Tenco, Paoli creammo a Milano quel gruppo di musicisti provenienti soprattutto culturalmente da Genova. Bindi invece era partito prima, facendo da solo la sua strada, e che strada!Ha avuto poca fortuna; intanto è stato l’unico che ha pagato per la sua omosessualità in maniera indegna; poi certa sua sfortuna successiva è dovuta alla sua enorme timidezza e al fatto di non avere mai imparato “il mestiere”E’ una delle persone più dolci, più disarmate e più disarmanti che io abbia conosciuto (Bruno Lauzi).

Sergio Dalmasso.